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Giurisprudenza commentata |
La vendita della quota del socio moroso rientra tra le azioni vietate dall'art. 168 l.fall.
Cass. Civ.
La vendita coattiva della quota del socio moroso, disciplinata dall'art. 2466 c.c. rientra a pieno titolo tra le azioni esecutive contemplate dall'art. 168 l. fall., appartenendo a tale categoria tutte quelle volte a conseguire il soddisfacimento coattivo del credito.
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La responsabilità del collegio sindacale in caso di indebita compensazione
Cass. Pen.
Esprimere un parare favorevole all'acquisto di un compendio aziendale contenente un credito fiscale inesistente può configurare il contributo concorsuale del sindaco di società nel reato d'indebita compensazione, sempre che emerga la prova del dolo.
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Si può distrarre il patrimonio aziendale anche con una scissione societaria
Cass. Pen.
Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la scissione di una società, successivamente dichiarata fallita, a favore di altra società alla quale siano conferiti beni di rilevante valore, qualora tale operazione, in sé astrattamente lecita, sulla base di una valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in cui operava la società al momento della scissione, si riveli volutamente depauperatoria...
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L'amministratore di società a responsabilità limitata: questo illustre sconosciuto
Cass. Civ.
In tema di compenso spettante all'amministratore di s.r.l., la società può fare valere in via di eccezione riconvenzionale, ai sensi degli artt. 1218 e 1460 c.c., l'inadempimento o il non corretto adempimento degli obblighi assunti dall'amministratore in osservanza dei doveri imposti dalla legge o dall'atto costitutivo, la violazione dei quali integra la responsabilità di tipo contrattuale ex art. 2476, comma 1, c.c...
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La rilevanza penale della liquidazione dei compensi in favore dell'amministratore della società fallita
Cass. Pen.
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell'amministratore di una società a responsabilità limitata che disponga in favore suo o di altri amministratori il pagamento di somme loro spettanti a titolo di compenso ove tali compensi non siano stati deliberati dall'assemblea dei soci poichè, in tal caso, il credito è da considerarsi non effettivo.
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La fusione come fenomeno estintivo-successorio
Cass. Civ.
La fusione per incorporazione estingue la società incorporata, la quale non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, essendo facoltà della società incorporante spiegare intervento in corso di causa, ai sensi dell'art. 105 c.p.c., nel rispetto delle regole che lo disciplinano.
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La sorte dei crediti sociali dopo l'estinzione della società e il credito da risarcimento del danno ex art. 2476 c.c.
Cass. Civ.
L'avvenuta cancellazione della società rende ormai i soci uniche parti del giudizio, sia in proprio, sia quali successori a titolo universale della società, verificandosi la successione dei soci nei crediti sociali, ivi compreso il diritto al risarcimento del danno ex art. 2476 c.c....
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In una s.a.s. non è una liberalità cedere al figlio una partecipazione uguale all'incremento dell'azienda familiare, riferibile all'attività del familiare
Cass. Civ.
La quota di incremento di valore dell'azienda, riferibile all'attività del familiare, costituisce un credito del familiare verso il titolare dell'impresa; è inevitabile concludere che l'operazione, nei termini assunti nella sentenza impugnata, non ha fatto altro che neutralizzare le partite di segno opposto...
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Il fallimento dell'amministratore di una s.r.l. non comporta la decadenza dalla carica
Cass. Civ.
Il fallito può essere amministratore di una società a responsabilità limitata, salvo che ciò non sia escluso da una disposizione dello statuto, dal momento che, per tale tipologia di società, non sono regolamentate le cause di ineleggibilità e di decadenza degli amministratori e non è previsto un rinvio alle norme dettate dall'art. 2382 c.c. per la società per azioni.
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Le operazioni di passaggio generazionale non possono essere considerate abusive
Cass. Civ.
Un'operazione di cessione di quote, preceduta dalla rivalutazione delle stesse, con il versamento di un'imposta sostitutiva, non può essere considerata abusiva del diritto. Tale principio deve essere applicato nelle riorganizzazioni che hanno come scopo il passaggio generazionale e la costituzione o l'utilizzo di una holding, deputata a divenire il soggetto deputato a gestire i rapporti famigliari.
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